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Archivio annuale 2023

In coppia

Quando una coppia cerca un aiuto dalla terapia, di solito è perché ci si è resi conto della preziosità e unicità del rapporto, ma anche di come sia difficile integrarlo con l’identità e gli scopi di ciascuno…difficoltà che può essere percepita dolorosamente da uno o da entrambi.

Che fare? come e se cambiare il rapporto, come adattarsi o come piuttosto imporsi, come cambiare i comportamenti per accordarli? continuare ad insistere o mettere la parola fine a quell’esperienza preziosa ma che, forse, è giunta al suo termine? e se finisce, è davvero un fallimento o come è possibile integrare anche questa fine nella normalità di una vita che potrebbe proseguire senza più essere in coppia con questa persona?
La terapia diventa così uno spazio sospeso, un momento di neutralità in cui la coppia può sperimentare nuovi modi di guardare l’altro, nuovi modi di comunicare, nuove prospettive e una diversa narrativa su di sè e sulla relazione che permetta il dipanarsi di nuove strade, mantenendo curiosità e affetto, e rispetto.

Che permettano di non soffrire e di compiere un salto davvero evolutivo frutto della creatività e della maturazione della coppia. Perchè, naturalmente, la terapia non indica la direzione da prendere, ma semplicemente offre nuovi strumenti per affrontare il viaggio…

Sarà come non fossimo mai stati, una poesia di Pablo Neruda

Un giorno moriremo entrambi,
l’uno lontano dall’altra,
e nessuno si ricorderà più di noi.
Nessuno.
Nessuno si ricorderà
del nostro tempo insieme,
così breve, così eternamente breve,
da sembrare una vita.
Un giorno, non ci saremo più,
e chi si ricorderà di noi?
dei nostri primi giorni,
di te, di com’eri fragile e bianca,
e di me, che non parlarne è meglio?
Nessuno.
Un giorno, questo è certo,
non ci saremo più,
e chi potrà ricordarsi
del nostro piccolo mondo insieme?
così caldo, eppure così freddo,
così leggero, eppure così difficile
da levarsi di dosso?
Nessuno.
Solo io e te, ora, possiamo ricordare,
dopo di noi, nessuno. E sarà
come se non fossimo mai stati.
Pablo Neruda

Fatica cronica

Quando la fatica stanca, anche troppo…

Con questo termine o sindrome da fatica cronica si intende descrivere una sintomatologia complessa causata da una funzione ridotta delle ghiandole surrenali, che a causa di un’attivazione eccessiva perdono la loro funzionalità. In pratica questo stato di affaticamento è quello in cui finiamo quando abbiamo premuto troppo a lungo e con troppa forza il pedale dell’acceleratore

Vivere costantemente in uno stato adrenalinico senza prendersi il tempo per riprendersi o ricaricarsi è dannoso per la salute e lo stato di affaticamento surrenale che ne deriva può essere da lieve a grave.

I sintomi più comuni includono sentirsi cronicamente stanchi e malandati, non importa quanto si dorme, incapacità di concentrarsi, una bassa tolleranza al suono e alle luci intense, disturbi del sonno, con la sensazione di stanchezza o nervosismo persistenti durante la notte o al contrario provare il desiderio costante di voler dormire. Altri sintomi possono essere che gli stimolanti come il caffè non funzionano come al solito, ci si ammala più frequentemente a causa di basse difese immunitarie e ci si sente sopraffatti dalle responsabilità quotidiane.

È importante quindi essere in grado di ripristinare uno stato di equilibrio energetico, non soltanto dal punto di vista fisico ma anche da quello mentale, psichico ed emotivo. Naturalmente la difesa migliore è sempre la prevenzione, cioè proteggersi da ciò che ci spinge cronicamente in uno stato di affaticamento e conseguente reattività e stress. Ad esempio frequentare ambienti o persone stressanti per vari e diversi motivi, mantiene in noi il perdurare di una condizione di allarme, cosa tanto più grave quanto questo avviene precocemente, nel periodo dello sviluppo quando è quasi impossibile liberarsi da queste condizioni usuranti, creando perciò una sorta di baseline naturale nello stato di iperattivazione che si manterrà nell’età adulta e può costituire una vulnerabilità a ritrovarsi facilmente in uno stato di iperattivazione.

Ma anche dal nostro mondo interno arrivano stimoli continui che ci mantengono in uno stato di allarme costante, ad esempio quando ci costringiamo a voler assecondare o piacere a tutti restiamo in un continuo stato di sopraffazione, dato che l’obiettivo è impossibile da raggiungere…e ancora di più se l’obiettivo è piacere a noi stessi se manteniamo uno sguardo giudicante di disapprovazione, senza mai arrivare all’accettazione dei nostri limiti.

Quindi, oltre ai comportamenti salutari come il mantenere un’attività fisica leggera ma costante, la frequentazione di ambienti naturali che abbiano la capacità di ripristinare tutti i nostri delicati equilibri fisiologici e l’attenzione ad una dieta nutriente e leggera, eventualmente integrata da piante adattogene, micronutrienti e vitamine, è importante che impariamo a leggere il nostro corpo e la nostra mente per prendere coscienza di questi meccanismi automatici che ci lasciano svuotati e affaticati senza che ci rendiamo conto di come sia potuto accadere.

Infatti è molto utile, anzi fondamentale saper osservare quali sono i nostri modi di pensare che esauriscono le nostre riserve di energia creando blocchi mentali alla salute. In questo ci possono venire in aiuto la lentezza e l’ascolto, per essere in grado di reinventarci nuovi modi di essere, più in sintonia con ciò che siamo davvero, che nel profondo di noi sentiamo di essere.

Quindi coltivare accettazione, abilità di mindfulness e com-passione per sé, inclusi i nostri limiti e vulnerabilità, per saper mantenere un clima interiore di tranquillità e agio…molto meno stressante e adrenalinico del solito, che permetta di ricostruire pienamente il nostro stato energetico.

In questo modo la stanchezza cronica diventerà un insegnamento di vita, per aprirci ad una fase di rinascita e profonda guarigione.

Respirare spazio e bellezza, passi lenti e terapia forestale

Raggiungere una vetta è un momento simbolico, dove lo sguardo può facilmente orientarsi tra il paesaggio esterno e quello interno per un’esperienza di connessione e apertura, di intimità con l’ambiente e con l’universo…e cosa c’è di meglio che circondarsi di spazio e bellezza da ritrovare dentro di noi?
PANORAMICA DELLA GIORNATA
Con un gradevole sentiero nel bosco arriveremo alle pendici erbose e sparse di massi calcarei del Monte Prana per poi salire in cresta godendo di bei panorami sulla costa, su Massaciuccoli e sulla piana di Camaiore e arrivando alla vetta a 1221m. con vista molto panoramica sul Matanna e sui monti vicini, più lontane le Panie e le Apuane settentrionali.
Qui faremo una pausa meditativa guidata di centratura, e respirando lo spazio di fronte a noi potremo focalizzare le nostre intenzioni e le nostre mete di questo periodo, quando la pausa estiva dove luce e calore culminano, ci permette di fermarci e di ri-orientare i nostri prossimi passi.
La pausa pranzo verrà quindi consumata in vetta.
Rientreremo per lo stesso percorso, con una lenta deviazione però in una magnifica abetaia, dove la nostra immersione forestale nel silenzio sarà profumata di resina e dove potremo accomodarci su un tappeto di aghi di abete …Saranno esercizi di terapia forestale, di ascolto e di apertura nell’ambiente per coltivare la connessione e l’apertura dentro di noi, seguendo il protocollo di #forestaterapeutica utilizzato nel corso del progetto #cai#cnr a cui sto collaborando. La giornata si concluderà con una condivisione finale che ci permetterà di rallentare in un’atmosfera magica e raccolta, avvolti dalle sostanze volatili e profumate estratte dai raggi bassi del sole che si avvia al tramonto e colpisce gli aghi d’abete.
L’esperienza potrà essere completata con la merenda nel piccolissimo rifugio La casa del maestro (su prenotazione da parte di chi lo desidera). #rifugiolacasadelmaestro e da cui proseguiremo per rientrare al parcheggio prima del buio.

INFORMAZIONI TECNICHE
L’escursione di livello E secondo la classificazione CAI, non presenta particolari difficoltà tecniche per persone allenate a questo tipo di attività.
• Punto di ritrovo: Parcheggio nei pressi del ristorante Lucese la sosta non è a pagamento
• Punto mappa: https://goo.gl/maps/8accwBum1onPoSz8A
• Difficolta’: E (Escursionistico) – Itinerario su sentieri ben tracciati, mulattiera, sterrata e brevi tratti di asfalto, adatto a persone mediamente allenate in buona forma fisica.
• Dislivello complessivo in salita: circa 650 m
• Totale percorrenza: km.10
• Tempi totali di percorrenza: ore 4.5 circa di cammino oltre le soste
• Orario di ritrovo: ore 9:15
• Partenza: ore 9:30
• Termine attività ore 18.00
• Prenotazione obbligatoria entro il venerdì precedente a questo link
https://forms.gle/mVhCxxEZkWuzjmJG6

L’escursione si svolgerà con un minimo di 6 partecipanti e un massimo di 12
Dato il particolare tipo di escursione non sono ammessi cani.Quota di partecipazione: 18€ iscrivendosi compilando la scheda di adesione.
La quota comprende: organizzazione e coordinamento, tutte le conduzioni e la Terapia Forestale, servizio Guida ambientale escursionistica ed assicurazione RCT (non comprende l’assicurazione infortuni per gli accompagnati)

ABBIGLIAMENTO e ATTREZZATURA:
Sono obbligatori gli scarponcini da trekking (meglio se alti alla caviglia), un capo anti vento e anti pioggia, abbigliamento comodo e a strati, copricapo per il sole, snack/frutta, pranzo al sacco. Riserva d’acqua 1,5 litri.
Bastoncini da trekking facoltativi.
La guida si riserva di cancellare o variare il programma della giornata a seconda delle condizioni meteo o per garantire il benessere di tutti i partecipanti a suo insindacabile giudizio.CONDUZIONE DELLA GIORNATA
Patrizia Garberi, è Psicologa Psicoterapeuta, OPT 7693 insegnante di meditazione e istruttrice senior di protocolli basati sulla Mindfulness, artista arteterapeuta, esperta di Terapia Forestale e Guida Ambientale Escursionistica, AIGAE TO1137 professione svolta ai sensi della legge 4/2013
https://www.artimagery.it/contatti/#.YkW2ledBw2w

PRENOTAZIONE https://forms.gle/mVhCxxEZkWuzjmJG6 

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    Lentamente estate

    Alle nostre latitudini, dove le variazioni stagionali di luce e temperatura scandiscono le nostre vite,  ci sono due momenti principali nell’anno in cui sentiamo il desiderio di fermarci…il cuore dell’inverno e il picco dell’estate…ed è qui che siamo arrivati, con previsioni meteo infernali che ci vedono al centro di anticicloni torridi come da copione.

    In questi giorni quindi, benché la quantità di  luce sia massima, è soprattutto il caldo a rallentarci, ma non sempre le nostre attività sono in sintonia con il ritmo delle stagioni. Per molti lavoratori l’estate è il momento di massima attività, ma anche per chi lavora in ufficio sarà necessario aspettare il fatidico agosto per concedersi qualche giornata di pausa…Da quando mi sono trasferita da Milano al mare, anch’io ho imparato a riconoscere i segnali della “stagione” fin dalle vacanze di Pasqua, quando vetture straniere sfrecciano con malcelato desiderio e un po’ troppo velocemente sulle provinciali, guidate da conducenti adrenalinici che sentono il richiamo di un po’ di natura. Ma sono il Corpus Domini, festa mobile particolarmente celebrata in Germania da cui calano i primi camper e ovviamente la chiusura delle scuole in giugno, a dare il via ai flussi di turismo sempre più importanti, ai gelati, ai motorini che affollano  il Romito, alle turiste in pareo in coda al supermercato, alle bancarelle che spuntano un po’ ovunque e alle sagre di ogni genere e forma…insieme all’iperico e ai gigli di San Giovanni così di solito sboccia l’estate!

    In questo periodo la natura intera rallenta, pur nel culmine della sua produttività e così anche noi potremmo concederci qualche momento di pausa e riflessione…il lavoro è compiuto, i cuccioli sono nati e i petali caduti per lasciare spazio ai frutti che è il momento di raccogliere ben maturi. Ora è necessario considerare come proseguire per consolidare e conservare i risultati ottenuti fin qui, assaporando e gustando i ricchi sapori della stagione.

    Se non riusciamo a riconoscere e ad accettare in noi il desiderio di riposo e il bisogno di rallentare, può capitare di essere insidiati dal senso di colpa indotto dal desiderio di mantenere ritmi di cui non siamo e non ci sentiamo all’altezza. Forse il bisogno di fare di più ha radici lontane, che affondano in un senso di inadeguatezza nel quale siamo ormai abituati a riconoscerci…potrebbe essere davvero interessante approfondire da dove arriva questa tensione, il dover spingere sempre sull’acceleratore della vita e delle nostre giornate a qualunque costo…Intanto però possiamo pensare di includere la pausa e la lentezza come una ragionevole necessità, per potere fare il punto e riorientare i nostri passi alla luce delle mete già raggiunte. La compassione per sé e l’accettazione delle proprie debolezze sono dimensioni da coltivare in un percorso vero e proprio che potrebbe iniziare proprio adesso, come un momento di riflessione che può condurci in luoghi mai visti, percorrendo sentieri sconosciuti nella direzione di una vita più autentica e più nostra, ricca di significato, assaporata e gustata col piacere intenso della lentezza.

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      L’estate dei corpi

      Finalmente è arrivata l’estate, che con il suo calore e la sua spensieratezza ci invita a mettere in mostra il corpo, che, come un bel frutto maturo forse un po’ troppo tondo, si colora al sole. Possiamo finalmente liberarlo e scoprirlo, e una maggiore attività fisica e il contatto più intenso con la natura inducono un risveglio, una riattivazione psico fisica che, se prestiamo attenzione, potrebbe richiamare l’attenzione proprio sul corpo.

      E’ questo il momento in cui facciamo i conti col nostro servitore silenzioso, che vorremmo a seconda del caso e del momento, più agile, più tonico o muscoloso, più giovane, più snello… ma che d’estate ci appare per quello che è, nella sua nuda e molliccia realtà che cerchiamo di mascherare con l’abbronzatura…continuiamo quindi ad osservarlo da fuori, paragonandolo e confrontandolo con un’idea che abbiamo in mente e al quale vorremmo piegarlo. Dimenticando che noi siamo il nostro corpo, e che una separatezza tra corpo e mente (l’ideale di Cartesio) è ancora tutta da dimostrare…

      Quindi ciò che vediamo riflesso negli occhiali a specchio del nostro vicino in spiaggia o nell’acqua limpida di un laghetto in altitudine siamo proprio noi, ne più ne meno.

      Questa separatezza, tra l’ideale di corpo che sta nella nostra mente e nei nostri pensieri, e il corpo reale che misuriamo e pesiamo e soppesiamo con lo sguardo è proprio alla base di tanti disturbi e patologie, oltre che di una costante insoddisfazione o leggera perdita di autostima o grave insicurezza.

      Siamo abituati a vivere nel paesaggio mentale virtuale che ci costruiamo, sulla base di molteplici fattori come l’educazione, l’ambiente, la necessità…e quindi facilmente dimentichiamo il corpo, ad esempio quando passiamo le ore davanti ad un monitor che appaga la nostra curiosità ma…nel frattempo che cosa fa il corpo? Come risponde, come reagisce a questi panorami virtuali o ai panorami mentali altrettanto virtuali -ricordi, pensieri, emozioni…si tende, si irrigidisce, si contrae, si avvita e si ingobbisce? Non sappiamo rispondere, perché non lo sappiamo e non ce ne curiamo.

      Siamo soliti dare ai nostri pensieri valore di verità e di autenticità, non li consideriamo come delle simulazioni che produciamo in continuazione per prevenire pericoli e perdite e immaginare gioia e soddisfazioni. Quindi, sempre sovrappensiero, regoliamo i continui e conseguenti stati emotivi che si susseguono al di sotto del nostro livello di consapevolezza a volte col cibo, a volte con l’alcol, a volte con fumo e sostanze utilizzandoli come dei rimedi, un tentativo di autocura per tamponare alterandoli eccessi di reattività fisiologica ai pensieri e agli stati mentali, e che si serve del corpo e certo non lo onora…

      Ed è così che ci scopriamo sovrappeso, sottopeso, flaccidi e incurvati, gonfi e panciuti…

      E’ arrivato il momento di riconnetterci al corpo, il silenzioso testimone con noi dal momento del concepimento, sempre disponibile a darci un feedback se soltanto vogliamo ascoltarlo…A volte quello che ci comunica è talmente sgradevole, come nel caso del dolore anche cronico, o della sensazione di essere invasi e menomati, ad esempio durante un periodo di malattia e ospedalizzazione, o nel caso delle attivazioni derivate da esperienze traumatiche, un contatto dunque così doloroso e pericoloso, che siamo noi stessi a promuovere inconsapevolmente il distacco dalla nostra esperienza corporea, per non sentire e per non ricordare.

      Che fare dunque? Benché sia importante ritrovare il contatto con la sensibilità corporea, attraverso la consapevolezza delle esperienze  sensoriali come ci addestriamo a riattivare nei protocolli basati sulla mindfulness, Mindful Eating, MBSR, MBCT etc è altrettanto se non più importante comprendere qual è stata l’origine del distacco, lieve o profondo che sia, nel corso della nostra vita.

      Infatti, che si sia trattato di esperienze abusanti o traumatizzanti o semplicemente aspettative pressanti di nostra madre o di un allenatore, il mobbing delle compagne di classe, un problema di salute, c’è stato e forse ancora esiste un buon motivo per cui il distacco dal corpo è stato ed è tuttora la nostra salvezza. E’ soltanto in seguito ad una chiara comprensione, che a sua volta dipende da una buona formulazione dello schema dell’attuale disturbo, che potremo riconnetterci al corpo, con tanta accettazione e compassione e affetto per quello che siamo, così come siamo, con le nostre imperfezioni uniche e speciali e con le nostre cicatrici…solo allora ci potrà essere un vero cambiamento, e potremo realmente dire di esserci costruiti un nuovo orizzonte verso cui navigare.

      Valle Benedetta ciclamini

      Riserva dei Monti Livornesi

      Passi lenti e Terapia Forestale

      Quando pensiamo a Livorno ci vengono in mente il mare e il porto, il caciucco e le scogliere del Romito…sarà quindi una gradita sorpresa incontrare l’entroterra selvatico alle spalle della città, costituito
      dalle colline boscose formatesi tra i 15 e 20 milioni di anni fa e dove si trova un eccezionale patrimonio ambientale, storico e naturalistico, quest’ultimo costituito soprattutto dalle foreste demaniali di Valle Benedetta e di Montenero. Le componenti principali dei boschi che percorreremo sono costituite nello strato arbustivo da: Corbezzolo, Mirto, Lentisco, Fillirea, Alaterno, Erica con qualche esemplare di Agrifoglio e, fra i rampicanti,
      Caprifoglio, Smilace e Clematide; quelle dello strato arboreo sono costituite da: Leccio con leccete secolari, Pino d’Aleppo e Sughera, a cui nelle zone più fresche si aggiungono Cerro, Carpino e Frassino.
      Dal 2020 è stato costituito il sistema integrato delle aree protette dei Monti Livornesi, Isola di Biodiversità. https://www.mappadeimontilivornesi.it/

      Durante il fine settimana possiamo provare a concederci qualche ora di silenzio e digiuno elettronico, da dedicare a noi stessi e alla riconessione con i ritmi naturali, al contatto con angoli di bosco poco frequentati e silenziosi.
      Lo scopo è quello di riprendere tra le mani la nostra vita, che spesso ci viene sottratta da ritmi frenetici e ambienti artificiali in cui viviamo, e in cui ci costruiamo vite sempre più lontane dalla nostra spontanea tendenza ad essere felici.
      Ci saranno tratti brevi di camminata lenta e esercizi di ascolto e di apertura nell’ambiente per coltivare la connessione e l’apertura dentro di noi mantenendo l’approccio del protocollo di Foresta Terapeutica applicato nel progetto CAI/CNR eventualmente adattato al percorso.
      La mattinata si concluderà con una condivisione finale che ci permetterà di rallentare in un’atmosfera magica e raccolta.

      Nelle giornate in cui l’attività prosegue nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo continueremo l’escursione intervallata da brevi meditazioni e visualizzazioni alla portata di tutti, sempre in connessione con l’ambiente e le sue caratteristiche che incontreremo mano a mano. Sarà quindi un’esperienza speciale che non richiede una grande resistenza fisica, mentre ci concederemo di riconnetterci a noi stessi alla presenza dei grandi alberi che ci aiuteranno in questo processo, alternando passi lenti a pause meditative, condivisioni in gruppo ed esercizi immaginativi in cui esploreremo la connessione con la natura di cui siamo parte.
      APPROFONDIMENTI


      INFORMAZIONI TECNICHE del giro breve (solo mattina)
      L’escursione di livello E secondo la classificazione CAI, non presenta particolari difficoltà tecniche per persone allenate a questo tipo di attività.
      • Punto di ritrovo: Parcheggio in via della Sambuca a Valle Benedetta la sosta non è a pagamento
      • Punto mappa: https://goo.gl/maps/j8KKSHJAqiMQ2uiU9
      • Difficolta’: E (Escursionistico) – Itinerario su sentieri ben tracciati, mulattiera, sterrata e brevi tratti di asfalto, adatto a persone mediamente allenate in buona forma fisica.
      • Dislivello complessivo in salita: circa 200mt
      • Totale percorrenza: km. 3
      • Tempi totali di percorrenza: ore 2 circa di cammino oltre le soste
      • Orario di ritrovo: ore 9:30
      • Termine attività ore 13.30
      • Prenotazione obbligatoria
      L’escursione si svolgerà con un minimo di 5 partecipanti e un massimo di 15 Quota di partecipazione: 15€

      INFORMAZIONI TECNICHE del giro lungo (giornata intera)
      L’escursione di livello E secondo la classificazione CAI, non presenta particolari difficoltà tecniche per persone allenate a questo tipo di attività.
      • Punto di ritrovo: Parcheggio in via della Sambuca a Valle Benedetta la sosta non è a pagamento
      • Punto mappa: https://goo.gl/maps/j8KKSHJAqiMQ2uiU9
      • Difficolta’: E (Escursionistico) – Itinerario su sentieri ben tracciati, mulattiera, sterrata e brevi tratti di asfalto, adatto a persone mediamente allenate in buona forma fisica.
      • Dislivello complessivo in salita: circa 299mt
      • Totale percorrenza: km. 8,7
      • Tempi totali di percorrenza: ore 2.45 circa di cammino oltre le soste
      • Orario di ritrovo: ore 9:30
      • Termine attività ore 18.30
      • Prenotazione obbligatoria
      L’escursione si svolgerà con un minimo di 5 partecipanti e un massimo di 15 Quota di partecipazione: 25€
      La quota comprende: organizzazione e coordinamento, tutte le conduzioni e la Terapia Forestale, servizio Guida ambientale escursionistica ed assicurazione RCT (non comprende l’assicurazione infortuni per gli accompagnati)

      ABBIGLIAMENTO e ATTREZZATURA:
      Sono obbligatori gli scarponcini da trekking (meglio se alti alla caviglia) o scarpe da trail running, un capo anti vento e anti pioggia, abbigliamento comodo e a strati, cappello, snack/frutta, riserva d’acqua almeno 1,5 lt. e pranzo al sacco.
      Un cuscinetto o seggiolino pieghevole per sedersi durante le pause meditative per chi lo preferisce DEVE ESSERE CONTENUTO NELLO ZAINETTO DA GIORNATA.
      Bastoncini da trekking facoltativi.
      La guida si riserva di cancellare o variare il programma della giornata a seconda delle condizioni meteo o per garantire il benessere di tutti i partecipanti a suo insindacabile giudizio. In caso di annullamento le cifre versate per l’iscrizione verranno interamente restituite.

      CONDUZIONE DELLA GIORNATA
      La conduzione della giornata sarà da parte di Patrizia Garberi, Psicologa Psicoterapeuta, OPT 7693 insegnante di meditazione e istruttrice senior di protocolli basati sulla Mindfulness, artista arteterapeuta, esperta di Terapia Forestale e Guida Ambientale Escursionistica, AIGAE TO1137 professione svolta ai sensi della legge 4/2013 ed include organizzazione e coordinamento, tutte le conduzioni e la Terapia Forestale, servizio Guida ambientale escursionistica ed assicurazione RCT (non comprende l’assicurazione infortuni per gli accompagnati)
      Per essere assicurati individualmente, i partecipanti dovranno scaricare l’applicazione Trik&Trek e facendo un account in cui riportare nome e sigla della guida, pagando 10€ saranno assicurati per un anno durante qualunque escursione condotta da una GAE iscritta all’associazione Aigae.

      Consulta l’agenda per le prossime date

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        Inverno e solitudine

        Non so se avete mai fatto caso, ma è l’inverno quello che regala i colori più belli: nitidi, intensi, saturi bellissimi nell’assenza della bruma primaverile, o della foschia data da uno spossato calore estivo.

        E’ il freddo ciò che rende la luce rara e preziosa di questi giorni, così nitida e tagliente, capace di regalarci dettagli e sfumature quasi al di là del reale, la bellezza di quel che sta oltre desideri e aspettative…

        In questo mi sembra che la luce del giorno invernale assomigli alla solitudine, che come il freddo però ci fa tanta paura. Proprio in questi giorni di festa, in cui si celebra il principio dell’accrescimento della luce, sentiamo maggiormente la mancanza e la perdita e ci confrontiamo col vuoto. Di ciò che manca, di ciò che non è mai stato, di quello che abbiamo perso o mai trovato, del fallimento delle nostre aspettative, del crollo delle speranze, dell’evidente inesistenza di un’amicizia, o di un amore…mentre crediamo, col cuore sofferente attanagliato da invidia e tristezza che in altre famiglie e in altre vite non accada (non è vero, succede a tutti…)

        Ma che possiamo fare allora della solitudine, se ci troviamo forzati e controvoglia in questo stato?

        Potremmo cercare di non starci e di non provarla e così può essere che tentiamo di riempire il vuoto di una perdita affettiva ripetendo esperienze mediocri o insignificanti, pur di ricostruirci una pallida imitazione dell’autostima e della fiducia perdute, spesso però ripercorrendo in automatico un pattern relazionale ricorsivo nella nostra vita e determinato da qualche analoga esperienza disfunzionale avuta in precedenza o addirittura da bambini…A questo punto però, reiterando l’approccio alla negazione della solitudine e al tentativo del suo evitamento, può innescarsi un altro meccanismo.

        Infatti, come accade per tutti i comportamenti utilizzati impropriamente per gestire uno stato di sofferenza, pare che anche l’eccitazione dei nuovi incontri possa determinare l’abitudine a quel merviglioso stato dopaminergico che si determina soltanto durante le prime fasi di una relazione, costituendo così una specie di droga che ci porta a non approfondire mai un rapporto oltre la chimica, per mantenere lo stato dopaminergico passando da una persona all’altra in tempi brevi (massimo, ma proprio al massimo, 2 anni) e rinunciando alla bellezza di un rapporto intimo e profondo…così come può accadere in modo simile con la ricerca di esperienze pericolose, il consumo di alcol o altre sostanze o lo shopping compulsivo o il cibo, che utilizziamo per dimenticare ma che diventano in seguito un problema di dipendenza a sé stante…

        La solitudine, se ci permettiamo di sperimentarla, è quello stato spazioso, silenzioso e aperto in cui non siamo costretti a confrontarci con le necessità dell’altro da me, e che invece se riusciamo a starci dentro ci può regalare chiarezza riguardo le nostre fragilità e vulnerabilità, le nostre propensioni e i nostri bisogni, come di fronte ai dettagli di un paesaggio luminoso e colorato, e ad accettarli con apertura, gentilezza e accoglienza, priva di quella critica giudicante che spesso ci porta a non rilevarli.

        Certo, bisogna riconoscere che dopo una perdita o una rottura dolorosa, nulla sarà mai più come prima, ma potrebbe essere diverso, anzi più adatto al nuovo me e quindi anche meglio…perché permettendomi con pazienza di incontrare e farmi guidare con curiosità e fiducia da questa mia parte sana e accogliente, farò esperienza, finalmente! di qualcosa che in me è in grado di prendersi cura dei miei bisogni emotivi profondi e sacrosanti, senza bisogno dei soliti comportamenti anestetici che creano dipendenza…e quindi poi, rivolgendomi nuovamente all’esterno, incontrerò qualcuno o qualcosa di più simile a me, adatto ad una nuova vita più piena e ricca…alla fine dell’inverno troveremo la primavera, con il suo vivo germogliare e una moltitudine di tiepidi profumi!

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