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Parlare dal cuore

Siamo nella settimana di San Valentino, protettore degli innamorati e delle amicizie “del cuore”, dell’amore e di tutto ciò che è le nostre farfalle nello stomaco e quella sensazione tenera di sintonia, di esserci già visti e conosciuti, da qualche parte o forse in un qualche sogno… E’ quell’armonia che rompe il ghiaccio, che ci fa ridere o sorridere senza motivo, tranne che la vicinanza e la scoperta dell’esistenza dell’altro. E’ perciò la festa dell’ Anam Cara celtico (in gaelico Anima Amica) quella persona con cui ci si può confidare e di cui si sente l’appartenenza al di fuori di ogni categoria sociale, culturale, di razza…perché come diceva una vecchia canzone di Finardi “… l’amore non è nel cuore, ma è riconoscersi dall’odore”…

In natura in questo periodo viviamo l’alba dell’anno e cioè la seconda parte dell’inverno, quando il freddo e il secco del dominio di Saturno cedono il passo alle fresche piogge che inumidiscono e ammorbidiscono il terreno e irrorano i semi, vivificandoli in modo che possano germogliare. Il Sole fa il suo ingresso nei Pesci, ultimo segno invernale, il 21 febbraio e Venere, che in questo segno governato da Giove è in esaltazione, col suo significato di umidità fecondante ci apre all’amore in sintonia con il mondo naturale. E del resto anche nel corpo gli affetti più intimi sono sempre vivificati dall’acqua e dall’umidità, non solo il latte materno che nutre e trasmette sicurezza, o le lacrime che ci aiutano ad espellere cortisolo – l’ormone dello stress- ma anche il bacio ed ogni contatto più profondo che avviene fra esseri umani.

Come la luce è la fonte di vita sulla terra, così il pensiero è ciò che ci aiuta a riconoscere il divino che è in noi e quindi amando a riconoscerlo nell’altro, acquistando coraggio e apertura nella nuova alba dopo la notte della solitudine e nelle nuove possibilità aperte dall’amore come da un nuovo giorno…e provando a comunicare, dato che così spesso un nuovo contatto che si crea spontaneamente può essere poi danneggiato da una cattiva comunicazione…Ciascuno di noi ha una modalità espressiva preferita, chi quella visiva, chi quella tattile, chi privilegia sapori, odori o suoni, tutte modalità che entrano a far parte della nostra comunicazione con immediatezza e seguendo le proprie tendenze. Possiamo quindi chiederci con curiosità e interesse se chi ci sta di fronte ha la stessa nostra modalità o si esprime con una diversa…e provare a sintonizzarci per ascoltarla e comprenderla…E poi fortunatamente abbiamo sempre a disposizione le parole, il linguaggio, che trasversalmente potrebbe facilitarci il compito!

Ma che cosa serve quindi per comunicare al meglio? paradossalmente e innanzi tutto, avere imparato ad accettare sé stessi con i propri difetti e imperfezioni, perché questo ci darà la possibilità di aprirci e scoprirci senza sentirci inferiori o vulnerabili, e senza indossare una maschera linguistica che impedirà la vicinanza, a noi stessi e all’altro. Naturalmente le parole creano sempre mondi e paesaggi non completamente veri, ma dobbiamo stare attenti a non esagerare nella creatività, per non cadere nella menzogna…

Ciò che rende una persona un buon comunicatore è, in sostanza, la capacità di non lasciarsi turbare dagli aspetti più problematici o peculiari del proprio carattere. Può osservare la propria rabbia o tristezza, il proprio orgoglio e la propria sessualità con le proprie manie ed opinioni talvolta strane o desuete o forse imbarazzanti senza perdere la fiducia in sé o cadere nell’autocritica. Può aprirsi e parlare con chiarezza perché è riuscito a sviluppare un impagabile senso della propria accettabilità. Si piace abbastanza, senza essere un Narciso ma credendo di essere degno di essere ascoltato, conosciuto e amato per quello che è…

Se da bambini quindi non abbiamo avuto dei genitori sufficientemente buoni che hanno saputo amarci in modo incondizionato, senza pretendere che ogni aspetto di noi fosse piacevole e perfetto, è arrivato il momento di fare da soli, e di lasciare che la nostra muraglia di autocritica mostri qualche crepa aperta dall’acqua dell’amore e accettazione per noi stessi… se anche siamo un po’ strani, o a volte arrabbiati, o cattivi, o tristi, se non abbiamo ottenuto quel certo lavoro o quel titolo di studi, o quell’immagine sociale che avremmo potuto avere se soltanto… Siamo comunque degni di essere amati! e prima di tutto da noi stessi.

Coltivando la vicinanza e l’affetto per noi stessi, consapevoli della nostra verità così com’è, lo stesso tipo di ascolto e apertura potrà essere rivolto anche a chi ci sta accanto, accettando le sue imperfezioni e diversità.

Perché l’amore, si sa, nasce il primo giorno di noia…

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