Finalmente è arrivata l’estate, che con il suo calore e la sua spensieratezza ci invita a mettere in mostra il corpo, che, come un bel frutto maturo forse un po’ troppo tondo, si colora al sole. Possiamo finalmente liberarlo e scoprirlo, e una maggiore attività fisica e il contatto più intenso con la natura inducono un risveglio, una riattivazione psico fisica che, se prestiamo attenzione, potrebbe richiamare l’attenzione proprio sul corpo.
E’ questo il momento in cui facciamo i conti col nostro servitore silenzioso, che vorremmo a seconda del caso e del momento, più agile, più tonico o muscoloso, più giovane, più snello… ma che d’estate ci appare per quello che è, nella sua nuda e molliccia realtà che cerchiamo di mascherare con l’abbronzatura…continuiamo quindi ad osservarlo da fuori, paragonandolo e confrontandolo con un’idea che abbiamo in mente e al quale vorremmo piegarlo. Dimenticando che noi siamo il nostro corpo, e che una separatezza tra corpo e mente (l’ideale di Cartesio) è ancora tutta da dimostrare…
Quindi ciò che vediamo riflesso negli occhiali a specchio del nostro vicino in spiaggia o nell’acqua limpida di un laghetto in altitudine siamo proprio noi, ne più ne meno.
Questa separatezza, tra l’ideale di corpo che sta nella nostra mente e nei nostri pensieri, e il corpo reale che misuriamo e pesiamo e soppesiamo con lo sguardo è proprio alla base di tanti disturbi e patologie, oltre che di una costante insoddisfazione o leggera perdita di autostima o grave insicurezza.
Siamo abituati a vivere nel paesaggio mentale virtuale che ci costruiamo, sulla base di molteplici fattori come l’educazione, l’ambiente, la necessità…e quindi facilmente dimentichiamo il corpo, ad esempio quando passiamo le ore davanti ad un monitor che appaga la nostra curiosità ma…nel frattempo che cosa fa il corpo? Come risponde, come reagisce a questi panorami virtuali o ai panorami mentali altrettanto virtuali -ricordi, pensieri, emozioni…si tende, si irrigidisce, si contrae, si avvita e si ingobbisce? Non sappiamo rispondere, perché non lo sappiamo e non ce ne curiamo.
Siamo soliti dare ai nostri pensieri valore di verità e di autenticità, non li consideriamo come delle simulazioni che produciamo in continuazione per prevenire pericoli e perdite e immaginare gioia e soddisfazioni. Quindi, sempre sovrappensiero, regoliamo i continui e conseguenti stati emotivi che si susseguono al di sotto del nostro livello di consapevolezza a volte col cibo, a volte con l’alcol, a volte con fumo e sostanze utilizzandoli come dei rimedi, un tentativo di autocura per tamponare alterandoli eccessi di reattività fisiologica ai pensieri e agli stati mentali, e che si serve del corpo e certo non lo onora…
Ed è così che ci scopriamo sovrappeso, sottopeso, flaccidi e incurvati, gonfi e panciuti…
E’ arrivato il momento di riconnetterci al corpo, il silenzioso testimone con noi dal momento del concepimento, sempre disponibile a darci un feedback se soltanto vogliamo ascoltarlo…A volte quello che ci comunica è talmente sgradevole, come nel caso del dolore anche cronico, o della sensazione di essere invasi e menomati, ad esempio durante un periodo di malattia e ospedalizzazione, o nel caso delle attivazioni derivate da esperienze traumatiche, un contatto dunque così doloroso e pericoloso, che siamo noi stessi a promuovere inconsapevolmente il distacco dalla nostra esperienza corporea, per non sentire e per non ricordare.
Che fare dunque? Benché sia importante ritrovare il contatto con la sensibilità corporea, attraverso la consapevolezza delle esperienze sensoriali come ci addestriamo a riattivare nei protocolli basati sulla mindfulness, Mindful Eating, MBSR, MBCT etc è altrettanto se non più importante comprendere qual è stata l’origine del distacco, lieve o profondo che sia, nel corso della nostra vita.
Infatti, che si sia trattato di esperienze abusanti o traumatizzanti o semplicemente aspettative pressanti di nostra madre o di un allenatore, il mobbing delle compagne di classe, un problema di salute, c’è stato e forse ancora esiste un buon motivo per cui il distacco dal corpo è stato ed è tuttora la nostra salvezza. E’ soltanto in seguito ad una chiara comprensione, che a sua volta dipende da una buona formulazione dello schema dell’attuale disturbo, che potremo riconnetterci al corpo, con tanta accettazione e compassione e affetto per quello che siamo, così come siamo, con le nostre imperfezioni uniche e speciali e con le nostre cicatrici…solo allora ci potrà essere un vero cambiamento, e potremo realmente dire di esserci costruiti un nuovo orizzonte verso cui navigare.